Come sarà il cibo del futuro (articolo della rivista Billionaire.com)

Riportiamo qui la traduzione dell’articolo di Josh Smith, pubblicato nella rivista Billionaire.com. Nel corso dell’approfondimento del tema “cibo del futuro” Billionaire ha intervistato anche noi di Bivo.

 

Sarà la cucina sperimentale o il cibo in polvere da fantascienza che saranno la realtà del cibo del futuro?

“Il cibo è relativamente noioso,”, dice Edouard Malbois, “nonostante il fatto che il cibo dia struttura alla nostra vita.” Aggiunge che la moda, il design o l’arte sono vibranti, progressive. E però il cibo, nell’insieme, è statico. Mangiamo quello che hanno mangiato le recenti generazioni. “Ma a livello di lusso c’è una esigenza per cibo maggiormente sperimentale che stimoli su tutti i livelli e che possa operare allo stesso livello della moda o dell’arte. Infatti, c’è anche un bisogno per un enorme cambiamento a livello di mercato di massa.”

Malbois può saperlo bene. E’ il capo dell’azienda francese Enivrance, che lavora per aziende come Nestlè e Lavazzo, ma anche, più inaspettatamente, per L’Oreal e LVMH. Il suo lavoro, come food designer – una disciplina piuttosto nuova che ha attratto anche industrial designer come Paolo Ulian e Kuniko Maeda – è di guardare alla macro sfide nel mondo nel suo insieme e come e cosa mangeremo nei prossimi decenni. E’ per queste aziende che Malbois ha proposta cibi comespiedini di verdura in ‘stile-pollo’, uova di cereali, lecca lecca a doppia testa, frutta ricostituita come blocchi di simil gelatina e pagine piegate di spezie che possano essere strappate da un ‘libro’ nel momento in cui le vogliamo usare.

Marije Vogelzang, un altro leader in questo giovane ambito, lavora per Procter & Gamble, Virgin e Absolut, ha proposto formaggi freschi come colore con il pane che funge da tavolozza; e ‘cibi emozionali’ intensamente colorati, stampati con frasi che, combinate con il gusto, sono pensate per ispirare specifiche sensazioni. Potranno queste idee diventare il futuro del cibo? Superficialmente, sembrano più rivolte all’arte che al cibo, più rivolte al concetto che al consumo. Ma c’è una riflessione di forze che danno forma a come viviamo e mangiamo; e cioè il fatto che, pressati dal tempo e viaggiando di più, mangiamo sempre più spesso mentre ci stiamo spostando.

Anche tra i più convinti amanti della cucina c’è una domanda crescente di comodità. Allo stesso tempo c’è pressione per mangiare meglio – potranno cibi più interessanti distoglierci dal quelli che sono semplicemente più salati o più dolci? E la pressione non è solo per la nostra salute, ma anche per contrastare l’impatto a lungo termine sul budget nazionale e perfino sulle strutture familiari. “Questi nuovi cibi non riguardano solo nuovi colori o packaging, ma sono reinvenzioni. Stanno introducendo nuove idee, che riguardano il mangiare qualcosa in un modo totalmente nuovo,” dice Malbois.

Questo è il motivo per cui, secondo SIAL International Food Fair (tenuta ogni due anni a Parigi) il fatturato di nuove idee di cibo è pronto a esplodere: qualcosa come il 50 percento delle vendite nel mercato di massa oggi riguardano prodotti che non erano conosciuti cinque anni fa, ma metà dei nuovi prodotti nei nostri supermercati sono ritirati dagli scaffali in meno di due anni. L’abbondanza della vera varietà e innovazione potrebbe essere ciò che verrà. “Questo è ciò che le persone vogliono: cibo con benefici, che faccia risparmiare tempo, denaro, sforzo, che spieghi cosa contiene, che sia semplificato”, sostiene Jakub  Krejcik, fondatore del cibo funzionale Mana. “Le persone pensano di più in termini di input e di output adesso, e questo significa che ci deve essere un cambiamento nell’attitudine nell’industria del cibo. E sta succedendo. E pure velocemente.”

Questa, almeno, è la visione utopica. Ma, come sottolineato da Rae Jones, un analista dei trend del cibo che lavora per Arla e per Coca-Cola, un impatto molto maggiore nel ventunesimo secolo potrà averlo non il costruire cibo di intrattenimento o di comodità, ma cibo di nutrimento. Questo considera fattori come la crescita della popolazione; una classe media che si espande, che vuole crescere e che vuole evidentemente mangiare; la domanda di carne che porta all’appropriazione indebita di terra e cereali per gli allevamenti; riserve di pesce in declino; il picco del petrolio e il cosiddetto picco dell’acqua; l’impatto sull’agricoltura dei cambiamenti climatici; la produttività dei terreni in declino; perfino l’inflessibilità della catena distributiva internazionale. “E’ facile essere pessimisti ma tutto questo potrà causare una tempesta perfetta quando consideriamo la sicurezza del cibo,” dice Jones. “La visione distopica e di lungo periodo potrebbe tranquillamente essere che il vero problema sarà avere abbastanza cibo, non solamente avere cibo in grado di stimolare tutti i nostri sensi,” aggiunge. “Aggiungiamoci la spinta verso la comodità nel modo di consumare il cibo, almeno nel mondo occidentale, e non è impossibile prevedere che dovremo scambiare il nostro godimento molto fisico e relativo ad una dieta variata con, diciamo, il solo ingoiare qualche tipo di pillola di sintesi biologica.”

Qualcuno, forse. già sta facendo qualcosa di simile. Gli anni recenti hanno visto un boom in brand che offrono una nuova generazione di sostitutivi del cibo high-tech e ricchi di chimica, in forma di polveri e bevande, non al fine di ridurre l’apporto calorico, ma al fine di dare tutti i nutrienti necessari di un vero pasto in molto veloce senza, in realtà, dover mangiare alcun vero cibo. Non per nulla uno di questi, Soylent, ha preso il nome da Soylent Green, un film di fantascienza del 1973 che (spoiler alert) racconta di una crisi globale di cibo risolta creando un cibo di sostentamento globale a partire dai cadaveri degli uomini.

“E’ abbastanza una idea da film di fantascienza, che dovremo sostenerci con delle polveri,” dice Tobias Stöber, fondatore di Bertrand, uno di questi prodotti “scientifici”. “Ci saranno altri modi di contrastare la crisi di cibo nei prossimi secoli. Penso che l’idea è che chiunque voglia usare questi sostituti del cibo lo fa solo ai fini di marketing. Alla fine della fiera, a tutti piace mangiare cibo vero.”

Davide Bonetto, fondatore di Bivo, il brand di un nuovo complete food italiano, dice: “Il fatto è che sarà vitale creare nuovi tipi di cibo che siano sostenibili, economici e più intelligenti. Penso che sia per questo che sarà un’idea maggiormente accettata dalle nuove generazioni. Le generazioni più vecchie, come quella di mia nonna, fanno fatica a capire. Il problema è che il cibo, come cultura – e specialmente qui in Italia, dove è come una religione – è qualcosa che nessuno vuole davvero mettere in discussione. Okay, se ne ho l’opportunità preferisco ancora mangiare la carbonara di mia nonna. Ma dobbiamo ripensare cosa sia il cibo nel suo complesso e cosa potrà diventare.”