Intervista ad Andrea Mantovani di Habilis Channel

Andrea Mantovani è un agronomo emiliano amante della natura e di vivere all’aria aperta. Con il suo canale youtube Habilis Channel sostiene il “Ritorno alla Wilderness”. Gli abbiamo fatto qualche domanda per saperne su cosa significa “Ritorno alla Wilderness” e sulle sue esperienze in montagna, e non solo.

D: Vorremmo innanzitutto sapere di cosa ti occupi quando non sei impegnato con le attività di bushcraft.

Nella vita di tutti i giorni ho la fortuna di occuparmi di agricoltura, in quanto agronomo. Mi ritengo molto fortunato perché trascorro le mie giornate all’aria aperta, non intrappolato tra le mura di un ufficio. Inoltre collaboro con diverse associazioni ambientaliste e alcune parrocchie della mia zona per diversi progetti con i giovani, sempre immersi nella natura.

D: Il tuo canale youtube è dedicato a chi vuole tornare alla wilderness. Ci spieghi per te cosa significa esattamente?

Ho scelto la frase “tornare alla wilderness” perché rappresenta bene il motivo che mi ha spinto ad impegnarmi nel progetto HABILIS channel (canale YouTube e Blog). Si tratta del mio desiderio di condividere con gli altri appassionati le mie esperienze e quel poco che ho imparato passando tanto tempo sul campo in natura. Lo ripeto spesso: io non insegno niente a nessuno, io condivido e mostro il mio modo di vivere la natura e il mio desiderio più grande è instaurare un dialogo con gli altri apprendendo anche il loro modo di comportarsi nelle stesse situazioni, creando un confronto costruttivo con loro. Secondo me condividendo le nostre esperienze e opinioni maturate tramite la pratica sul campo con gli altri appassionati possiamo invogliare sempre più gente a riscoprire e trascorrere del tempo in natura, facendolo però in modo razionale, con rispetto dell’ambiente e onestà nei confronti di se stessi e delle proprie capacità.

D: Sul tuo canale youtube hai postato molti video che trattano di outdoor e sopravvivenza e ci sono in particolare recensioni su vari prodotti oppure “istruzioni” su come sopravvivere all’aperto, da come si accende il fuoco a come si affila un coltello. Ci spieghi cosa ti ha spinto ad iniziare a raccontare coi tuoi video le varie tutte queste conoscenze utili agli amanti di sopravvivenza?   

Rispettare la natura per me significa prepararsi a priori in modo tale da affrontare nel migliore dei modi possibili ogni emergenza, in questo modo anche la mia impronta sulla natura stessa sarà ridotta al minimo. Purtroppo mi capita costantemente di vedere persone sottovalutare anche una semplice passeggiata per poi ritrovarsi in difficoltà al primo inconveniente, anche solo il cielo che all’improvviso si annuvola e la temperatura che scende. Se condividendo le mie esperienze e le nozioni che fin ora ho appreso riuscirò ad invogliare altre persone ad approcciarsi in modo onesto e consapevole alla natura potrò dire che l’obiettivo che mi sono posto con il progetto HABILIS channel è stato raggiunto.

D: Tra i vari video immagino sia difficile sceglierne una, ma, sforzandoti, riesci a dirci quale secondo te i nostri lettori devono vedere per capire cos’è il ritorno alla wilderness? Ci puoi raccontare il perchè?

È difficile scegliere un video in particolare perché tutti quanti mi hanno arricchito e mi hanno fatto fare ulteriore esperienza mentre li giravo. Forse però uno dei video più recenti che ho pubblicato, dove mostro un’uscita bushcraft in ambiente invernale durante la quale mi fermo qualche ora in natura da solo a riflettere, bevendo un buon tè caldo e non dico una parola credo trasmetta bene la pace e la tranquillità che solo un approccio rispettoso e minimalista alla natura ci può dare.

D: Nel tuo canale tratti tutte le attività che si possono praticare in natura. Il tuo amore per la natura quando è nato? Ti capita è mai capitato di preferire un pomeriggio sul divano ad un’escursione? Oggi o in passato?

Il mio amore per la natura c’è sempre stato, almeno fin da quando posso ricordare. L’amore per la montagna e l’alpinismo sono sempre stati di casa nella mia famiglia e conservo ancora una diapositiva dove sono accanto a mio padre, scattata quando avevo 5 anni sulla terrazza del vecchio Rifugio Torino a 3375 m nel gruppo del Monte Bianco, al cospetto del Dente del Gigante. Negli anni successivi con i miei genitori ho effettuato escursioni, vie ferrate, arrampicate e salite alpinistiche quasi in tutto l’arco alpino e le esperienze che abbiamo vissuto hanno contribuito a farmi innamorare della natura. Crescendo ho iniziato a fare esperienze alpinistiche in autonomia e la mia famiglia non mi ha mai ostacolato, anzi a sempre assecondato questa mia passione per tutto ciò che è outdoor. Per quanto riguarda i pomeriggi passati sul divano credo di averne fatti solo quando ero bloccato in casa dall’influenza.

D: Ci racconti una situazione in mezzo alla natura in cui hai pensato “questa volta non so come cavarmela”?

È capitato diverse volte, tuttavia sono qui a rispondere alle domande quindi ho la consapevolezza di essere stato in equilibrio sullo steccato dei miei limiti ma di non essere saltato dall’altra parte. Ricordo a 13 anni una discesa fatta con mio padre lungo un ghiaione immenso alle pendici del Lagazuoi, in Dolomiti, sotto un forte temporale o ancor di più quando con un mio compagno di studi partimmo per tentare di salire il Cevedale (3769 m) partendo dall’abitato di Solda, in Val Venosta. Eravamo giovani matricole di agraria all’Università di Bologna e a fine giugno, prima degli esami estivi, avevamo progettato questa uscita da fare in due giorni: partenza da Bologna il venerdì mattina, arrivo a Solda e salita del ghiacciaio fino ai 3139 m dell’ Eisseepass (Passo del Lago Gelato), discesa nell’altro versante e risalita fino al Rifugio Casati (3269 m). Dopo aver dormito in rifugio la mattina seguente salita in vetta al Cevedale e poi tutto il percorso a ritroso fino a Solda e rientro a Bologna. La voglia di tornare in montagna dopo mesi di studio a Bologna era talmente tanta che mi portò a sottovalutare alcuni segnali d’allarme evidentissimi e a commettere una catena d’errori che potevano farci finire male. Per prima cosa passare dal livello del mare a oltre 3000 m nel giro di poche ore, senza esserci abituati almeno qualche giorno all’altitudine, è sbagliatissimo e di lì a poco ce ne siamo accorti. Siamo arrivati a Solda che era già pomeriggio inoltrato (14.00), senza aver pranzato ci siamo catapultati con la funivia alla stazione superiore, posta ai piedi del ghiacciaio di Solda. Abbiamo mangiato velocemente un panino e siamo partiti nonostante il cielo iniziasse ad annuvolarsi, confidando di riuscire a raggiungere il passo prima del cattivo tempo. Peccato che l’allenamento fatto nei mesi trascorsi a Bologna non era sufficiente a permetterci d’essere rapidi nella salita e il sole della mattina aveva già ammollato la neve costringendoci a stare molto attenti nell’attraversare alcuni ponti di neve sui crepacci alla base del ghiacciaio. Quando è iniziato a grandinare eravamo a circa 3100 m, impossibile proseguire e quindi abbiamo fatto dietro front. Se ci fossimo feriti o fossimo rimasti bloccati non avremmo potuto nemmeno chiedere soccorso perché su due cellulari nessuno aveva il minimo campo e non c’era anima viva in zona. In quel momento è stato come se la nebbia che avevo davanti agli occhi dovuta dalla voglia di riuscire a salire si fosse diradata di colpo e mi resi conto subito che eravamo proprio nei guai seri (mio zio per molto meno non è più tornato a casa da un’arrampicata in Dolomiti). Da li è stata una vera avventura perché sotto la pioggia abbiamo ridisceso a fatica il ghiacciaio molto lentamente, muovendoci in mezzo alle nubi basse cercando di non perdere la traccia, e siamo ritornati alla stazione superiore della funivia che erano quasi le 19.00, trovandola ovviamente chiusa perché l’ultima corsa era alle 17.00. Siamo quindi stati costretti a percorrere tutta la lunga strada forestale che ridiscende a Solda e siamo arrivati alla macchina alle 21.30 sfiniti. È stata proprio un’avventura che mi ha fatto capire ancor di più quanto bisogna essere umili e onesti con se stessi, bisogna non barare e accorgersi dei segnali in tempo. Questi errori mi hanno insegnato molto.

D: La domanda successiva riguarda il tuo prossimo progetto. Se lo ritieni opportuno, raccontaci cosa hai in programma per i prossimi mesi. Chiaramente, se invece non puoi svelare di cosa si tratta, ci basterebbe sapere anche solo un piccolo indizio!

Per i prossimi mesi ho in programma alcuni progetti in montagna dei quali spero si gioverà anche il canale, in aggiunta alla normale programmazione di video sulla natura, sul bushcraft e la vita all’aria aperta in generale che sto portando avanti da più di un anno con due video pubblicati ogni settimana. Mi piacerebbe anche realizzare un progetto nella mia terra d’origine, il Delta del Po, ma ci sono alcuni problemi burocratici e limitazioni che ostacolano l’idea, spero di riuscire ad ottenere i permessi.

D: La nostra ultima domanda non può che essere su Bivo. In un tuo video utilizzi Bivo durante un’escursione. Ci spieghi perchè in un ritorno alla wilderness Bivo potrebbe essere un ottimo alleato?

Ho avuto modo di consumare Bivo in una traversata su cresta in Appennino particolarmente lunga e mi ha dato l’energia necessaria a concludere positivamente l’esperienza. Bivo è un alimento completo che possiamo portare con noi ogni volta che usciamo in natura consapevoli che qualsiasi situazione ci troveremo ad affrontare, dal punto di vista dell’alimentazione saremo coperti e sicuri di poter contare su un prezioso alleato. Porterò il nuovo Bivo 2.0 con me nei miei prossimi progetti sfruttando a pieno le sue proprietà nutrizionali.

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